È l’ottobre del 1969 quando, nella parrocchia del Villaggio Artigiano, nel quartiere di Modena Ovest, si stabiliscono due preti e un laico, con l’intenzione di applicare le direttive del Concilio Vaticano II. Il Villaggio era nato nel 1953 dalla volontà dell’amministrazione modenese per dare opportunità di un lavoro sicuro a operai per lo più licenziati dalle officine negli anni precedenti e qui don Giuseppe Manni, don Gianni Ferrari e Franco Richeldi, spinti dai fermenti culturali e sociali di rinnovamento che si stanno diffondendo, lavorano per creare una chiesa più autentica e vicina ai poveri e una comunità che superi l’antica divisione tra cattolici e comunisti.
I preti vanno a lavorare in fabbrica per potersi mantenere; sacramenti e messe sono del tutto gratuiti, perché la preghiera non sia in alcun modo legata al denaro; si cerca di rinnovare la sincerità della fede cristiana e di aprire a tutti l’ambiente parrocchiale attualizzando il messaggio cristiano; nella parrocchia, ogni servizio ricreativo viene ricostruito corresponsabilizzando i cittadini del quartiere nella sua gestione.
Sono costruiti nuovi modelli di vita comunitaria alternativi alla società borghese e fondati su solidarietà e condivisione. Grazie poi alla collaborazione con altre organizzazioni del quartiere, nasce la mensa operaia, un circolo culturale, un doposcuola, un gruppo teatrale e musicale.
L’esperimento del Villaggio viene visto con speranza, ma anche con perplessità per le prevedibili reazioni che genera il rinnovamento troppo repentino e la commistione tra religione e politica.