23 marzo 1968, al Teatro Regio di Parma Jean Jacques Lebel inaugura con un Happening la XVI edizione del Festival internazionale del teatro universitario, cui partecipano compagnie da buona parte d’Europa. L’Happening di Lebel dura diverse ore e si conclude verso le due dopo mezzanotte fuori dal teatro, con un gruppo di spettatori incappucciati e legati a una corda che girano per le vie del centro. I limiti convenzionali del teatro tradizionale sono spazialmente e temporalmente stravolti, lo spettacolo è ormai oltre se stesso. Questa fuoriuscita dal teatro è la prima espressione di una riflessione politica che, in seguito, fa del rifiuto del Regio uno dei momenti centrali della politica di decentramento teatrale portata avanti da compagnie studentesche e collettivi di attori nati sull’onda del '68. Due giorni dopo la performance di Lebel, durante altri spettacoli della rassegna, alcuni giovani appendono ai lati del palcoscenico cartelli che annunciano l’occupazione dell’università. È l’ultima volta, dall’ormai lontano 1953, che il festival viene ospitato al Regio, avvertito da quella nuova generazione come tempio sacro della cultura borghese. Alcuni mesi dopo, infatti, il 26 dicembre, in occasione della “prima” della stagione lirica, e sull’esempio delle proteste alla “prima” della Scala, il Regio e il suo pubblico diventano oggetto di una dura protesta. La tradizionale cerimonia della borghesia parmense – che in quell’occasione ostenta lusso, pellicce e gioielli – è contestata con urla e lancio di uova, per denunciare il carattere classista di quel tipo di cultura, manifestazione di privilegio e potere.