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Una mappa interattiva in cui sono geolocalizzati i luoghi più significativi del periodo

Ospedale psichiatrico di Colorno

Ospedale psichiatrico di Colorno

Dal 1873 l’ex reggia farnesiana di Colorno è sede del manicomio provinciale di Parma. Il 2 febbraio 1969, sull’onda delle sperimentazioni che mettono in discussione la psichiatria tradizionale, e dopo la protesta giovanile del Sessantotto, gli studenti della facoltà di Medicina occupano l’Ospedale. L’obiettivo è denunciare le gravissime condizioni di degenza cui gli internati sono costretti e, al tempo stesso, i rapporti autoritari tra medici e ricoverati, l’impossibilità di controllo da parte dei familiari e le ragioni di indigenza e discriminazione sociale alla base di gran parte degli internamenti.

L’occupazione prosegue per oltre un mese e incontra la mobilitazione che, da diversi anni, è portata avanti da Mario Tommasini, un assessore provinciale del Partito comunista. Avuta la delega all’amministrazione del manicomio, dopo averlo visitato nel 1965, Tommasini ne rimane profondamente turbato e, sull’esempio del lavoro di Franco Basaglia a Gorizia, avvia la riorganizzazione dell’istituto, smantellandone gli aspetti più segreganti e disumanizzanti. Già nel corso del 1968, molti pazienti possono uscire dalla struttura per lavorare in tre “laboratori protetti”. Contemporaneamente, una parte di infermieri, soprattutto giovani, inizia a lottare per farsi riconoscere quali operatori sanitari e non come guardiani o, peggio, aguzzini. La battaglia per la creazione di strutture alternative al manicomio continua anche dopo la fine dell’occupazione. Dal dicembre 1969, infatti, per due anni, a dirigere l’ospedale è chiamato lo stesso Basaglia che riorganizza l’assistenza secondo i principi della psichiatria comunitaria.


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