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Carceri di Forlì, Forlì

Carceri di Forlì, Forlì

Nel 1969 anche a Forlì la contestazione arriva nelle carceri. Sotto accusa sono le disumane condizioni di vita del carcere e le mancate riforme dei codici penali e del regolamento penitenziario. Anche nel carcere forlivese le istituzioni rispondono con la repressione e trasferimenti punitivi. Il 14 aprile prende avvio la protesta contro la mancata riforma dei codici penali con il rifiuto da parte di 50 detenuti di rientrare in cella dopo l’ora d’aria pomeridiana. Non si registrano atti violenti e i detenuti abbandonano l’agitazione dopo un paio d’ore. Il 9 luglio quattro detenuti si arrampicano sull’ampio finestrone del raggio centrale a 25 metri di altezza e fino a sera vi rimangono urlando la propria innocenza. Gli altri detenuti, in solidarietà, si rifiutano di rientrare in cella. Fallite le mediazioni del Procuratore della Repubblica e del direttore del carcere, sarà poi, nelle prime ore della notte, l’arrivo dell’avvocato generale dello Stato presso la Procura di Bologna a persuadere i detenuti a interrompere l’agitazione. Sei giorni dopo, la protesta si ripete: gli stessi quattro detenuti, insieme ad altri tre, si arrampicano di nuovo sul finestrone del raggio centrale proclamando a gran voce la loro innocenza e stendendo un lenzuolo con scritto “Siamo innocenti, vogliamo giustizia”. Nel carcere intanto prendono posizione reparti della Polizia e dei Carabinieri in tenuta antisommossa in vista di una possibile rivolta degli altri detenuti che nel frattempo si rifiutano di rientrare in cella. Solo verso le 22 i reclusi tornano nei loro dormitori mentre a tarda notte, progressivamente, i sette si arrendono. L’indomani sedici detenuti vengono trasferiti ad altre carceri.


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